È ancora l’alba per le vie del mio quartiere quando mi dirigo verso la fermata “Quintiliani. L’arrivo della metropolitana mi fa scappare un sorriso, sul muso c’è scritto a lettere cubitale “Cobra”, sarà la firma di qualche graffitaro capitolino. Ho sempre pensato che somigli più a un lombrico lento e inesorabile che a un cobra lungo e sinuoso. Scendo alla stazione Termini così posso prendere la coincidenza per Frascati, il viaggio procede e nel giro di trenta minuti sono a destinazione pronto all’avventura.
A Frascati faccio colazione, metto da parte un po’ di energie che mi serviranno ad affrontare la lunga camminata. A stomaco pieno trovo subito il sentiero che mi condurrà a Rocca di Papa. La prima salita non è impegnativa, in realtà è un leggero sali e scendi che mi porta nel bosco. Sono carico di entusiasmo, era tanto che non davo del tempo al mio passo, a me stesso. Incontro alberi di fico selvatico, qualche castagno e delle querce, rompo il passo, il cammino si fa più ritmato, la città è ormai alle spalle, ma i classici suoni del bosco si confondono con il rumore delle strade trafficate: il bosco dei Castelli non lascia la confusione della città.
Sono arrivato in un paio d’ore e nella piazza centrale vicino ai resti di una funicolare c’è una piccola casina con bar, dove decido di pranzare. Finisco la sosta, riparto e dopo un tratto in mezzo alle ville, imbocco il sentiero per Nemi, sorridente prendo a camminare lungo i resti della via sacra. Molto suggestivo, ma soprattutto comodo e ombreggiato. Scendendo la stanchezza si fa sentire, per questo apprezzo la discesa. Continuo la mia passeggiata e arrivo a Fonte Tempesta (un vecchio fontanile tra Rocca di Papa e Nemi). Vedere il sentiero abbandonato alle intemperie delle stagioni, mi fa salire un po’ di malinconia, stavo quasi per arrendermi e prendere un sentiero a caso, quando tre ciclisti mi danno l’indicazione giusta. Così comincio a scendere velocemente e dopo l’ultimo tornante ecco la strada asfaltata e in lontananza l’arco di Portella, finalmente sono a Nemi. Prendo possesso del mio alloggio: una camera adiacente al ristorante “Le Scalette”.
Mi vesto in fretta, cerco di recuperare i trenta minuti di ritardo accumulati per aver ignorato la sveglia, alla fine mi rassegno e mi godo gli ultimi istanti dentro la camera. Sono pronto per affrontare il secondo giorno. Prendo il sentiero che mi porta verso Castel Gandolfo, ripassando per Fonte Tempesta, costeggio il convento di Palazzolo, dove vedo delle grotte naturali e ho una bella vista sul lago di Albano. Il belvedere mi fa dimenticare, per qualche minuto, la stanchezza e dà spazio allo stupore: nonostante la fatica la sensazione è che ne è valsa la pena. Riprendo e dopo un breve tragitto sono alle porte di Castello (chiamato così dagli abitanti). Arrivato al centro storico mi metto a mangiare su una panchina e decido di fermare qui la lunga passeggiata così scendo al lago e trovo ristoro con i piedi ammollo.
26 agosto 2012
Leone Antenone
P.S. Qualche anno più tardi da Castello, per la via francigena, scenderò verso il convento di monaci trappisti di Frattocchie per imboccare il tratto finale dell’Appia Antica che mi porterà verso il Colosseo, ma questa ve la racconto un’altra volta.
È bello camminare cercando un posto dove andare. Percorrendo sentieri reali e della mente. Stabilire un contatto con se stessi nella ‘solitudine’ del proprio passo e nella natura trovare la via…
Sandra
Inseguire tracce che portano a destinazione. arrivare a mete interiore e a cime terrene.
Ciao e grazie del commento.
Te la cavi bene anche come prosatore e… camminatore. A piedi si gustano luoghi del Lazio che attraversati in macchina o non si vedono o si scorrono come fotogrammi di un film.
Grazie del commento. Il passo da un ritmo diverso alla frenesia dei giorni di città. Quasi nuovo anche se appartiene all’umanità da secoli. Un abbraccio
Il racconto mi piace, procede fresco e scorrevole, come la gita a piedi, lungo le strade gremite e ombreggiate da maestosi ippocastani. E poi, oltretutto, conosco molto bene tutti i luoghi, da Rocca di Papa, a Palazzolo, perfino il ristorantino: le Scalette, di Nemi.
Un unico appunto, del tutto marginale: a Rocca di Papa è rimasta la vecchia stazioncina della funicolare, non una funivia.
Grazie della passeggiata che ho ripercorso mentalmente, assieme ai miei anni più belli, ormai, purtroppo, remoti. Nicola.
Hai ragione.
Li credevo sinonimi ma, è vero, hanno delle differenze sul funzionamentoo
Grazie a te.
Buongiorno! Conosco Rocca di Papa poiché mi è stato assegnato lì un primo premio per la poesia. Ho rivissuto, grazie al suo racconto, quella bellissima via da Frascati a Rocca di Papa, il borgo, le strade scoscese o le salite. Complimenti.
Sei pronto per Santiago..!?;)