Il sacro fuoco Fiù Fiù

La tribù degli Scipè è una tribù assai abile nella nobile arte del fuoco, sa accenderlo nelle condizioni più impossibili e sa controllare l’altezza della sua fiamma. Appresero questa abilità in un freddo inverno grazie al carattere vivace e irriverente dell’aspirante sciamano Soffia di Sera.
Si racconta che il giovane aveva una voce molto calda ed accogliente e quando parlava rassicurava, tranquillizzava e divertiva tutti, ma spesso era costretto ad alzare la voce, praticamente a strillare, perché la sua cara nonna, Orecchie di Amianto, non sentiva bene. Lui voleva molto bene alla sua nonnina e passava molte ore a parlare con lei, ma l’ennesima conversazione gli costò un abbassamento di voce e da allora cominciò ad accompagnarlo un fragoroso colpo di tosse.

Il colpo di tosse, che trasformò Soffia di Sera in una leggenda, fu tossito durante la prova Scanzamano per diventare sciamano. Alla terribile prova dovevano sottoporsi tutti  gli aspiranti sciamani e consisteva nel resistere il più possibile al calore del fuoco avvicinando la mano alla sua fiamma. Così quando fu il suo turno ed era vicino al fuoco, non si sa bene se per troppa emozione oppure per semplice distrazione, gli scappò uno dei suoi potenti colpi di tosse che purtroppo spense il sacro fuoco Fiù Fiù e lasciò al freddo tutta la tribù: per questo fu mandato in esilio con la raccomandazione di tornare solo se avesse recuperato la fiamma.
Il sacro fuoco Fiù Fiù  era accesso dalla notte dei tempi, quindi nessuno conosceva la tecnica per accenderlo ma si narra che molti secoli prima il fuoco fosse stato portato alla tribù dallo sciamano Roba che scotta ritornando dalla spiaggia solitaria.

Nel villaggio di tende circolava voce che l’unica a conoscere ancora la tecnica segreta per accendere di nuovo la fiamma del sacro fuoco era la vecchia saggia Coda di Cavallo della torre di roccia vicino alla spiaggia solitaria; così Soffia di Sera desideroso di rientrare nella tribù andò alla torre di roccia.
Coda di Cavallo aveva dei lunghi capelli neri che le nascondevano parte del volto e indossava una tunica a strisce rosse e verdi che ricopriva tutto il suo corpo e sedeva su una piccola sedia vicino al camino della torre. Lo invitò ad entrare e ad accomodarsi nella sedia accanto a lei. Gli raccontò di lei, della sua giovinezza, degli uomini venuti dal mare, di tutto quello che gli avevano regalato e infine gli consegnò due piccole pietre splendenti e gli disse che per accendere una fiamma doveva mettersi a soffiare, mentre sfregava le due pietre su dei piccoli rami e foglie secche.
Così al crepuscolo vicino alla pineta, lì nella spiaggia solitaria, l’aspirante sciamano degli Scipè, tentativo dopo tentativo, soffio dopo soffio, scintilla dopo scintilla, riaccese la fiamma del sacro fuoco Fiù Fiù ma per l’eccessivo entusiasmo lo caricò con troppa legna e il fuoco, questa volta soffiato dal vento, arrivò tra gli aghi di pino e incendiò tutta la pineta. Allora Soffia di Sera fuggì andando verso la riva, tornando verso la dimora di Coda di Cavallo, dove trovò conforto ricevendo in regalo un mazzo di fiori viola.

La pineta bruciò ma Soffia di Sera tornò dalla tribù con tanti insegnamenti. Aveva imparato l’arte di accendere la fiamma, che un fuoco non va mai alimentato troppo perché può essere pericoloso e che un mazzo di fiori fa sempre un gran piacere. Così tornò dagli Scipè con questi insegnamenti e da allora la tribù ha imparato a soffiare, come il vento, sopra le due pietre splendenti per accendere la fiamma, e ogni inverno, per mantenere il fuoco vivo, raccoglie la legna necessaria per avere più calore nelle giornate di freddo.

Grazie all’aspirante sciamano Soffia di Sera gli Scipè impararono ad accendere il fuoco.

21 gennaio 2015
Leone Antenone detto Scartaccia
pubblicata in “Fili di Fantasia”
Aracne edizioni – aprile 2016

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