«La frottola è un genere di “poesia-spettacolo” fatto per l’esecuzione orale, che oscilla fra la dimensione ludica e quella sentenziosa e moraleggiante» (Pietro Beltrami, Gli strumenti della poesia, Bologna, il Mulino, 1996, pp. 145-46); la sua peculiarità è il discorso divagante compensato dall’insistito martellamento delle rime (sovente tronche e al mezzo) tra versi prevalentemente brevi, ma di misura oscillante con grande libertà, cosa che si ritrova rispettata nelle sue due più note applicazioni: la canzone-frottola (cfr. Petrarca, Canzoniere, CV) e l’endecasillabo frottolato (cfr. l’Arcadia di Sannazaro e lo gliòmmero napoletano di un Pier Jacopo De Jennaro ecc.).
Esempio di frottola (gliòmmero): Eo non agio figli né fittigli (vv. 1-5) di Pier Jacopo De Jennaro (1436-1508):
Eo non agio figli né fittigli
e tengo dui famigli a pane in ventre,
per zò besongnia ch’entre in gran pinsieri:
non sai ca le m[o]glieri a chioppa a chioppa
me coreno per coppa la finestra
[…]
(cit. da Fanco Brevini [a cura di], La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento, vol. I, pp. 302-14).
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09 febbraio 2014
Claudio Porena