Nota di Claudio Porena alla raccolta poetica di Leone Antenone
Pubblicato il 6 Novembre 2018 su www.poetidelparco.it
«Otto più otto sedici»: così scrive in esergo a questa sua raccolta (giocando con il sedici ~ se dici, in enatiometria e ambivalenza) il poeta Antenone (l’uomo-Leone, l’artista Scartaccia)… E decurtando il sedici di otto si ottiene un otto, come in data della presentazione del libro (l’8 marzo!). È strano come questo numeretto ritorni pressoché ciclicamente, epifanicamente, nelle occasioni significative (e direi: magiche) del suo vissuto intessuto di intese…
Otto, peraltro, anche le poesie incluse nella silloge Er Pallonaro, Edizioni Cofine, e otto sono quelle di altrettanti suoi amici poeti dislocate in seconda sezione (poesie di Claudio Porena, Davide Finesi, Alessandro Valentini, Maurizio Rossi, Marcello Nardo, Patrizia Formiconi, Giuseppe Caporuscio, Stefano Ambrosi).
Componimenti rigorosamente di 14 versi endecasillabi: sonetti? Nossignore! Troppo insulso sarebbe stato – forse – riproporre la forma certamente più tradizionale della poesia in vernacolo da sempre! Sonetti scardinati? Nossignore! Altrettanto banale sarebbe stato infrangere la gabbia del sonetto senza un po’ d’ironia e di maestria al tempo stesso! Nossignore: la forma è un’invenzione tutta sua! Si tratta di poesie “a palloncino”. Sono, cioè, poesie con una forma tutta originale (o almeno in parte): la base è data dalla forma chiusa del “rondò all’italiana” (del poeta Masini di Firenze), sulla quale il nostro innesta un distico (due versi) in varia rima (esposta e/o al mezzo) che sigillano il tutto a mo’ di spago, come il filo che regge il palloncino (si veda in copertina!). Le rime hanno lo schema: ABAB, BCBC, CACA, A-A/(a)B(b)A/(b)A(a)B ecc.
E l’idioma? Il poeta non è idiota: adotta il romanesco non nell’ottica del purismo, bensì con la visuale di chi lo parla e scrive come parla. È un romanesco vivo, senza marche di obsolescenza o eccesso di arcaismo: la varietà romana – stemperata nell’italiano medio – che un adulto dai trenta ai quarant’anni può verosimilmente adoperare nell’attuale Roma. Ma Antenone – si sa – conosce a menadito, a perfezione, il romanesco della Roma sparita: la sua è una scelta comunicativa e al tempo stesso il documento di un dialetto plausibile…
Leggiamone una:
ER PESCATORE
Quanno t’abbocca all’amo la passione
te je dai spago, vivi l’avventura,
er filo tira verso l’emozione
è segno che ciai bona la pastura.
De giorno ar sole o co la notte scura,
la canna flette e nun se rompe mai;
che sia successo oppure fregatura
comunque vada resti indove stai.
Smulinelli, sai bene quer che fai
avanti, indietro, scambi posizione
a vorta prenni, quarche vorta dai
finché er pesce rimane a pennolone.
Quann’è finita l’immaginazzione
s’avvera d’improvviso un’illusione.
venerdì 27 gennaio 2012
Sul piano della lingua, da una superficiale lettura si rilevano sì forme e/o grafie italianeggianti o innacquate nell’italiano (3 verso, senza affricazione della sibilante postvibrante; 3 emozione, 10 posizione e 13 immaginazione, senza resa grafica della geminazione dell’affricata alveolare; 13 immaginazione senza neppure la resa grafica dell’affricata prepalatale sonora geminata; 14 improvviso senza scempiamento della fricativa labio-dentale sonora; 6 flette, senza ombra di rotacizzazione arcaica della laterale postconsonantica, e prenni ‘prendi’ con leggera patina romanesca ecc.), ma anche forme marcate come romanesche, più o meno tradizionali, quali: quann(o) ‘quando’ (vv. 1 e 13), prenni ‘prendi’ (v. 11), pennolone ‘pendolone, penzoloni’ (v. 12) con assimilazione regressiva del nesso nd in nn; il pronome personale te con funzione di soggetto in luogo di tu (v. 2); je ‘gli’ (v. 2) con scadimento a yod della laterale palatale; l’articolo determinativo er ‘il’ (vv. 3 e 12); le voci del verbo avecce ‘avere’ con ci attulaizzante (ciai ‘hai’, v. 4); bona ‘buona’ con la conservazione del monottongo velare (v. 4); la conservazione della e protonica in fonosintassi (5 de giorno ‘di giorno’ e 6 se rompe ‘si rompe’); la negazione nun ‘non’ (v. 6) con chiusura della vocale protonica; la rotacizzazione della laterale preconsonantica anche in fonosintassi (3 er filo ‘il filo’, 9 quer che fai ‘quel che fai’, 11 vorta ‘volta’ e 11 quarche ‘qualche’); il cumulo di preposizioni (indove ‘dove’, v. 8); il verbo stare per essere (indove stai ‘dove sei’, v. 8); vocaboli e modi di dire (2 je dai spago ‘lo assecondi’; 7 fregatura ‘inganno’, ecc.).
Sul piano dello stile, oltre a tutto un armamentario metrico-rimico ortodosso, spiccano particolari equivalenze foniche che implicano o instaurano equivalenze semantiche significative: p.es. la rima 13 immaginazione : 14 illusione identifica le due parole-rima nella visione disincantata del poeta; l’allitterazione ricca tra 2 avventura [+ futuro] e 14 avvera [+ presente] tradisce l’identificazione tra futuro e presente in una probabile concezione continua del tempo; il curioso chiasmo paronomastico (lettura palindroma) di 14 S’AVVER(a) (d’imp)ROVVIS(o), identificando fonicamente i due vocaboli, costituisce un’eventuale spia della concezione precaria del tempo presente (s’avvera d’improvviso = TEMPO FUGACE); infine, la proporzione paronomastico-allitterativa L’AMO (v. 1) : L’EMO(zione) (v. 3) = PAS(tura) (v. 4) : PAS(sione) (v. 1), asserisce una tautologia cruciale nel testo (l’amo = pastura [+ esca] & l’emozione = passione [+ sentimento])…
Grazie a un poeta, grazie alla sua testa fra le nuvole, un gioco tra i più eterei, non più giocato, eccetto nei ricordi, è diventato una realtà concreta. Il nostro palloncino ha preso forma di metro chiuso e il nostro metro chiuso ha preso forma di palloncino.
Il filo si dipana, monumento-ammonimento per quelli che si apprestano a salpare…
Seguiamolo nel circolo palindromo del suo infinito volo…
8 e 13 marzo 2014
Claudio Porena