Giovedì 21 marzo, presso la biblioteca “Gianni Rodari” di Roma, in occasione della festa mondiale della poesia, si è tenuto un dibattito sulla poesia oggi, presentato dal poeta Leone Antenone e condotto dal poeta e glottologo Claudio Porena. Gli ospiti del dibattito sono stati tre poeti e promotori della poesia: Maurizio Rossi della Casa delle Poesie, Maurizio Marcelli, presidente dell’Accademia Romanesca, e Vincenzo Luciani, direttore del Centro di Documentazione della Poesia dialettale “Vincenzo Scarpellino” e della rivista critico‐letteraria “Periferie”, nonché giornalista ed editore. Porena ha elaborato e rivolto loro cinque macro domande su temi generali riguardanti la poesia al giorno d’oggi, ottenendo riflessioni significative pur nella varietà dei punti di vista, i quali comunque, grazie proprio alla generalità delle questioni, si sono rivelati piuttosto concordi.
La prima domanda richiamava l’attenzione sulla dinamica tra poesia oggi e tradizione, tra passato e presente:
1) «È lecito parlare della poesia di oggi a prescindere dalla poesia di ieri, ossia: fino a che punto e in quale misura si può ignorare la tradizione poetica, la poesia del passato, per fare poesia oggi?».La seconda questione è stata: 2) «Si sa che la poesia è una sistema testuale di diversi valori stratificati: valori metrici, retorici, fonici, semantici, figurali, simbolici, socio‐culturali, ecc. Ebbene, secondo te, esiste una gerarchia relativa o assoluta tra questi valori, ossia: ce ne sono alcuni relativamente o assolutamente più importanti o prioritari rispetto ad altri, oppure la buona poesia risulta piuttosto dall’equilibrio, dall’armonia, dalla concertazione di tutti questi valori, nessuno escluso?». In terzo luogo: 3) «In quale misura è possibile, se sia mai possibile, secondo te, caratterizzare in termini sociali e generazionali la poesia di oggi nello specifico o quella di sempre più in generale? In altre parole: la poesia è o no in qualche misura soggetta a variare negli strati sociali e nel tempo, ovvero tra le generazioni? E, in caso affermativo, quali sarebbero secondo te i valori più interessati da questi due ordini di variazione? E, in caso negativo, quali sarebbero invece, secondo te, i valori invarianti, costanti, universali della poesia?», e 4) corollario alla domanda precedente: «Secondo te, la poesia è soggetta a variare anche nello spazio? E, se sì, in quali termini: linguistici o tematico‐culturali, ecc.? E, se no, quali sarebbero invece, secondo te, gli aspetti universali della poesia?». Infine il moderatore ha invitato gli ospiti, in quanto autori, ad illustrare brevemente i punti cardine della loro poetica e, in quanto promotori della poesia, a stendere un resoconto degli obiettivi e ei risultati della loro più o meno pluriennale attività. Cumulando le risposte in un unico discorso, questo il succo. Per fare buona poesia oggi non si può prescindere dalla tradizione poetica, dalla lettura dei classici: la lezione dei buoni modelli deve poter influenzare la produzione di tutti i tempi, senza tuttavia che questi modelli inibiscano o appiattiscano l’originalità creativa degli odierni poeti, i quali debbono pur sempre barcamenarsi nella dialettica tra conservazione e innovazione, cercando sì di ispirarsi al passato, sia per trarne motivi e movenze sia per evitare di ripetere luoghi comuni, frasi ed immagini stereotipate, ma sforzandosi anche di interpretare parallelamente il proprio tempo e di individuare un proprio autentico stile. Perché la buona poesia deve poter essere autentica, onesta (Rossi cita Saba al riguardo), cioè deve in prima istanza sentire veracemente l’universo dei suoi messaggi, non decidere di sentirli o peggio ancora essere in dovere di sentirli (Rossi cita Pessoa): nel trittico che, secondo Leopardi (citato da Luciani), individua l’essenza della poesia, cioè cuore-immagine-suono, la componente del cuore, ossia dell’emozione, del sentimento, del trasporto, la capacità di appassionarsi e di appassionare, costituisce il vero sigillo di una tale autenticità; in seconda istanza, il suono, il verso, il ritmo della poesia, il suo carattere sostanzialmente cantabile, deve poter assecondare l’emozione e l’immagine (il suono alla ricerca di senso è, secondo Rossi, l’optimum della poesia, la coniugazione dei suoi elementi essenziali: significante, significato e autenticità), la capacità cioè di ideare e adottare un punto di vista originale, inedito, e di coinvolgere il lettore nello stupore di una luce insospettata e insospettabile (Luciani). Del resto, l’essenzialità del suono e del ritmo è comprovata dalla sua fisiologia riflessa nella fisiologia del battito cardiaco, del respiro e del ritmo ambulatorio, che conferiscono piena naturalità a certe dinamiche versificatorie consacrate dalla tradizione (Rossi). È certo che la poesia costituisce un sistema articolato suscettibile di analisi, e a tal proposito Marcelli illustra il protocollo di valutazione ideato e adottato dall’Accademia Romanesca per i suoi concorsi di poesia: un foglio Excel con quattro macro sezioni (Originalità, Forma/Metrica, Lessico, Acutez‐za) suddivisi a loro volta in tre livelli, che vanno dalla originalità/novità dell’argomento alla piacevolezza/emotività dell’elaborato, ciascun livello dei quali reca un peso percentuale sul totale, proporzionato alla gerarchia dei valori poetici rappresentati. A mio parere la possibilità di sviscerare analiticamente un prodotto testuale concreto è il portato di una concezione matura della poesia, non cioè infantile, olistica. Tuttavia permane una quota di imponderabilità, un quid di inscindibile e non quantificabile, frutto di ispirazione (Luciani), di quella forza trascendente, preterintenzionale, che guida o dovrebbe guidare o amalgamare il fare poetico in fase sia di creazione dal nulla sia di revisione, di labor limae. A questo punto si è posta la questione dei canoni: quanto c’è di normativo e universale nella poesia e quanto invece può andare soggetto all’innovazione. Fortunatamente non sono emerse ricette definitive al riguardo: chi più chi meno ha posto l’accento sull’esistenza di un codice di “poetabilità”, la cui infrazione potrebbe ingenerare, come di fatto sta ingenerando nell’odierna produzione selvaggia, pericoli o quantomeno confusione e disorientamento. Per fortuna nessuna ricetta, perché non si può disconoscere il fatto che qualsiasi codice, qualsiasi regola o norma è dall’uso che nasce e, in quanto tale, deve pur sempre potersi adeguare e uniformare alle variazioni cui è soggetto l’uso, e quindi il gusto e la sensibilità che lo dettano, come vi sono soggette le persone, le società, i luoghi, le epoche, ecc. In altre parole, la poesia, pur nella sua convenzionalità, deve saper aggiornarsi, corrispondendo alla diversa sensibilità della ricezione, per evitare la stanca ripetizione e l’immobilismo (Luciani). Se qualcosa però resta o deve poter restare invariato nel tempo, questo qualcosa sono i suoi caratteri essenziali, nucleari, non contingenti o periferici, suscettibili i primi di ripetersi universalmente e i secondi di variare con le mode. Ma per individuare questi caratteri essenziali, nucleari, universali della poesia, occorre poter discernere ciò che è caduco da ciò che permane, occorre un profondo e sapiente sforzo di penetrazione nel fenomeno della poesia: forse ciò che è universale in poesia, come in altre arti, sono i grandi temi che interessano l’uomo da sempre, inteso sia nella sua spiritualità e psicologia sia nella sua materialità pulsionale, costitutive. Ma questo ci rinvierebbe ad una più ampia e complessa questione, che esula dall’oggetto specifico del dibattito: la definizione di uomo, l’essenza dell’uomo… Quanto infine all’attività delle tre istituzioni rappresentate da Rossi, Marcelli e Luciani, in difesa della poesia in lingua e in dialetto, bisognerebbe aprire un’apposita rubrica, dedicata alle innumerevoli e meritorie iniziative realizzate, avviate o pianificate, dalla serie di incontri sui poeti passati e contemporanei della letteratura mondiale, promossi dalla Casa delle Poesie, alle riunioni, alle conferenze, ai concorsi letterari, alle pubblicazioni, agli spettacoli teatrali, alle visite guidate ecc. volute dall’Accademia Romanesca, fino alle ricerche sulle lingue locali d’Italia, al materiale raccolto, catalogato e messo in rete (2500 testi dialettali del Centro “V. Scarpellino”, presso la biblioteca “G. Rodari”), alle pubblicazioni monografiche e antologiche su numerose aree dialettali d’Italia e del Lazio in particolare (dalla provincia di Roma a quelle di Latina, Frosinone e Viterbo), fino all’istituzione della Giornata nazionale dei dialetti e delle lingue locali d’Italia il 17 gennaio di ogni anno e alla promozione dei premi “V. Scarpellino” (per la poesia dei dialetti del Lazio, premio giunto alla terza edizione), “Città di Ischitella‐Pietro Giannone” (per silloge inedita nei dialetti d’Italia, premio giunto alla decima edizione) e “Salva la tua lingua” (prema edizione in corso), iniziative concretizzate dal Centro di Documentazione della Poesia dialettale “V. Scarpellino”.
27 marzo 2013
Claudio Porena